Vinodivite

Vernaccia di San Gimignano Tradizionale 2012 – MONTENIDOLI

La Vernaccia di San Gimignano, paesino medievale della Val d’Elsa caratteristico per le sue 72 torri, è uno di quei vini a me sconosciuti, fino a ieri; quella tradizionale di Montenidoli, azienda a conduzione totalmente improntata al rispetto per la terra e i suoi frutti, dove la storica titolare Elisabetta Fagiuoli, si pone come principio di gestione della cantina, quello di far esprimere ai propri vini il terroir e il clima che l’ha influenzato annata dopo annata; la Vernaccia tradizionale di Montenidoli dicevo, era una di quelle bottiglie che custodivo gelosamente in cantina e che ieri ho deciso di aprire e godermi appieno.


La Vernaccia a Montenidoli è stata sempre interpretata come il rosso dei vini bianchi, per la struttura, il clima in cui nasce e la longevità che tira fuori al vino odori e sentori secondari meno immediati di tanti vini bianchi ma di certo non meno complessi e affascinanti.
Innanzitutto non posso partire nella descrizione di questa Vernaccia tradizionale 2012 senza analizzare l’etichetta dove compare la dicitura “Sono Montenidoli” come se il vino si esprimesse a parole affermando la propria identificazione in un territorio, nei terreni di Montenidoli, come dice la titolare “I vini non li faccio io, nè nessun altro: è questo posto, Montenidoli, che li fà e si esprime attraverso loro”.
La vinificazione segue la tradizione locale dove il mosto macera a lungo insieme alle bucce che donano un colore giallo dorato, carico brillante, vivo; viene pressato appena

comincia la fermentazione cosicchè il mosto prende dalle bucce quegli aromi, quell’innata e vitale tannicità, estraendo profumi e sentori propri di un mondo contadino dove il vino era accompagnamento ma soprattuto era pane e sostanza. Sapevo della naturalità dei vini di Elisabetta grazie al web e alle guide e ne ho avuto subito la conferma avvicinandolo al naso dopo adeguata areazione: è vivo, floreale e leggermente agrumato, salmastro e tannico al punto giusto, profuma di fiori di ginestra, camomilla, un lieve odore terziario che pare ossidativo, che sà di ruggine e ferro, ma che evolve nel breve arieggiare del bicchiere in splendidi sentori di erba falciata, fieno, poi muschio, sottobosco, funghi e cenni tartufati di incredibile complessità e fascino; nel mezzo una breve tropicalità con frutto della passione, mango e fragole che esaltano il frutto, che ondeggia tra flutti di salinità che sale alle narici tra ricordi di iodio e mare. L’assaggio è potente, solido, di bella sostanza e materia, polpa di frutto che prende possesso del palato da subito; è si ricco, strutturato, tannico, ma anche docile, morbido e carezzevole in bocca dove scivola via fluido di ottima e inaspettata beva.
Si esalta e si eleva da una base solida incentrata sull’amarognolo lieve del tannino e la ricchezza di un frutto polposo come pochi grazie all’innata intensa acidità, che riesce a non prevaricare magnifici equilibri di una bellezza notevole, e dona un finale davvero splendido dove la vena salina primeggia si in lunghezza ma si fonde al resto del corpo con una facilità e naturalità assoluta secondo equilibri che sembrano semplici, elementari ma in realtà estremamente complessi, oltre che armoniosi nella loro architettura gustativa.
Finisce e non finisce, rimane, si assesta in bocca a lungo, a ricordarci il sapore della terra, la sua ricchezza, ogni suo componente, la mineralità, il salino del mare, il sottobosco, mille paesaggi, mille colori, mille sapori.