Vinodivite

IL ROSATO di CASA MATTIOLI 2011 – COLLECAPRETTA

rosatoQuello di Casa Mattioli è il rosato che non t’aspetti, perchè nella mia testa, e credo anche in quella dei tanti che il rosato lo intendono come un vino accessorio, quello a metà strada tra il bianco e il nero, senza infamia e senza lode, il rosato non è né carne né pesce, forse perchè quelli bevuti fino ad oggi erano solo elementari rappresentazioni colorate tinte di rosa da colossi industriali, e spacciati per vino.
Avevo letto in rete della bontà di questo rosato e visto il “sold out” in cantina quando feci visita ai titolari, l’ho inseguito a lungo tra enoteche e ristoranti, fino a quando tre mesi fa in un’enoteca di Campello sul Clitunno vidi spuntare tra gli scaffali due vetri con l’inconfondibile etichetta, di un rosa antico, color buccia di cipolla, più chiaro della ruggine, più scuro del salmone.
L’altro ieri il tanto atteso assaggio; un pollo speziato al forno con pachini e peperoni cucinato a regola d’arte dalla mia ragazza, meritava di essere accompagnato da questa essenza di vita e quindi quale migliore scelta se non quella del Rosato con la R maiuscola.
Di un rosa affascinante limpido con pochi residui segno dell’assenza di filtrazione, tuttavia solare, luminoso, quasi fluorescente, tendente all’aranciato del pompelmo rosa.
I profumi erano indescrivibili, antichi, ricordavano la campagna, la terra, il sole e il ferroso del suolo, la ruggine degli aratri che lo solcano, il minerale dei sassi; un prato fiorito, una passeggiata nel bosco, fragoline, more, funghi, foglie bagnate, poi ciliege, ribes, tropicale, papaia; in sottofondo minerali, salsedine, spezie e ancora ferro e sangue.
In continua evoluzione dopo l’apertura regala ad ogni istante successivo al primo sentori e profumi nuovi, vivi, eleganti e vigorosi al contempo, arcaici; vivide sensazioni terrene, primitive, bellissime.ros
Prima dell’assaggio l’occhio cade sull’etichetta che ci racconta esaustivamente i processi vinificativi, a partire dalla vendemmia in Ottobre di uve ciliegiolo, la fermentazione del mosto con soli lieviti indigeni senza controllo della temperatura, la maturazione in cemento vetrificato per tutto l’inverno con due travasi a Dicembre e Febbraio con la Luna calante; viene imbottigliato senza filtrazioni e senza uso di solforosa, peraltro in nessuna fase della produzione; in vigna si usano solo zolfo e rame e raramente i concimi degli animali dell’azienda.
All’assaggio è caldo e accogliente, vigoroso e teso, sospinto da un’alcolicità sopra le righe, appare morbido, cremoso, eppure gradevole la spinta sapida-minerale che regala freschezza e vivacità al sorso; sapidità che si evolve in dolcezza fruttata, di ciliegia, finendo elegante, pulito, con gradevoli ritorni floreali, spezie e continue sensazioni terrose.
Il grado alcolico elevato che si percepisce, non impedisce di apprezzarne la fresca bevibilità, anzi contribuisce a riscaldare il cuore e l’animo di chi ha la fortuna di assaggiarlo, data l’esigua produzione di appena 1027 bottiglie.