Vinodivite

UN VINO TIRA L’ALTRO

Dedico questo post a vini assaggiati quà e là insieme alla mia ragazza, per i quali non ho avuto il tempo di soffermarmi minuziosamente, a ricercare notizie in merito alle cantine e ai metodi di vinificazione; tuttavia che rappresentano piccoli momenti di gioia regalati da annusamenti e degustazioni alcune delle quali biodinamiche.

image2In ordine di assaggio inizio con un vino Georgiano degustato da Gianluca di “Sale e Pepe” di Orvieto Scalo, un orange Wine triple “A” del 2008 macerato sulle bucce da uve del vitigno autoctono Chinuri, da vigne di 50 anni, nome di battesimo Chardakhi del vignaiolo Iago Bitarishvili, 1100 bottiglie prodotte, vinificazione tradizionale con pigiatura delle uve con i piedi, fermentazione con lieviti naturali in anfore, affinamento nelle stesse, poi in acciaio per 2 anni; un vino dal colore antico aranciato ruggine, molto fruttato al naso con note evidenti di spezie mentolate e accenni iodati salini e di idrocarburi; in bocca ha un incipit aggressivo, scorbutico e poco armonico, poi l’aria e la temperatura riequilibrano le parti armonizzandole tra loro, l’alcool con la viva acidità e i sentori intensi di uva e vinacciolo, insieme ad una freschezza inaspettata e un prefinale fluido quasi morbido, per finire con note ossidate e ferrose persistenti, accanto a spezie ed erbe aromatiche mentolate.

Proseguendo con i Triple “A” Gianluca ci apre un rosso provenzale del vignaiolo biodinamico Henri Milan, “Vin de Table Le Vallon”, un blend di Syrah, Grenache Noir, Cabernet-Sauvignon, Cinsault e Mourvèdre di vigneti di 20 anni posti lungo l’ultimo tratto della via Aurelia francese prima di arrivare ad Arles, vicino Saint Remy de Provence.image1
Rese bassissime per produrlo intorno ai 30 qli/ha, macerazione di 8 giorni sulle bucce, maturazione in barriques usate per un anno, imbottigliato senza nessuna chiarifica e filtrazione preventiva, per un vino che meritava forse una migliore ossigenazione prima di essere degustato; nel bicchiere si mostra rosso rubino sfumato porpora limpido e trasparente, al naso la volatile iniziale è parecchio vivace, poi con i minuti riduce la sua intensità, regalando note di frutti rossi come amarene, more e prugne, con accenni a terra, cuoio e spezie (chiodi di garofano e pepe nero). In bocca si libera col tempo di un’acidità sbarazzina, che già dai primi momenti non impedisce di scorgere una concentrazione del frutto notevole, dove la freschezza del melograno e del rabarbaro si equilibrano con la corposità della ciliegia nera, di liquirizia e cacao; i tannini appaiono potenti e viscerali, poi si ammorbidiscono integrandosi con la dolcezza del cacao e una bella sapidità che richiama sensazioni marine; il finale è intenso, persistente, ricco di spezie e aromi mediterranei, come il timo; appare al palato sia fresco sia intenso e complesso, di buona ricchezza aromatica.

Finendo la settimana ci spostiamo a venerdì quando abbiamo assaggiato dai nostri osti perugini preferiti, Roberto e Corrado della Vinoteca di San Sisto, il grechetto Araminto Gold del 2007 della cantina di Spoleto Colle Uncinano un vino bianco di una complessità straordinaria, sia all’aspetto, di un colore ambrato caldo con ricche sfumature dorate, sia all’analisi incrociata olfattiva-gustativa, totalmente aramintodiscordanti. Un grechetto insolito, affinato in barriques per 18 mesi e in bottiglia per 4 anni,  una resa per ettaro sotto i 20 qli, e una entusiasmante alcolicità di 15 gradi; quasi estremo all’assaggio, dove le sensazioni olfattive caramellose, mielose, ricche di dolce frutta esotica secca, albicocca disidratata, pera cotta caramellata, deliziosamente impregnate di nobile vaniglia, oltre ad accenni d’erbe aromatiche, si scontrano con una rigorosa secchezza al palato totalmente inimmaginabile prima; il sorso risulta finemente austero, chiuso ad aperture aromatiche, dove domina la legnosità della barrique; tuttavia la sua estrema eleganza è affascinante, un vino che non si perde mai in frivolezze, ma viaggia sempre su una fermezza di base, dritto, teso, con una alcolicità e tannicità verticale; non rinuncia tuttavia a brevi accenni d’erba tagliata, note fruttate di mela, frutta esotica, rosa e fragolina di bosco.
La potenza tannica è notevole, e và a braccetto con il legno e la sua linfa che dona note resinose e finemente pastose e oleose.
L’acidità si nasconde dietro il legno e la struttura tannica enorme, tuttavia la si percepisce soprattutto nel finale, ricco di sfumature floreali di rosa e mandorla fresca.

salvianoConcludendo la serata di Venerdì dopo cena ci siamo deliziati a casa nostra con un vero nettare, un Orvieto Classico Vendemmia Tardiva del 2010 delle Fattorie di Titignano e Salviano di Baschi, 375 cl di meravigliose sensazioni per cui vale la pena esser nati; regala al naso intensi profumi di uva passita, fichi secchi, albicocche disidratate, miele, pera cotta, confetto, sentori di legno tostato e sensazioni floreali rosate.
In bocca è caldo, potente, dolcemente morbido, sinuoso, quasi oleoso, la densità caramellata, lo rende grasso, viscoso; non manca però una bella freschezza acidica mista a buona sapidità, con un’esplosione di frutta appassita dolcissima, con fichi secchi su tutti, tanto ananas, albicocca, cedri canditi, pera cotta caramellata, zucchero di canna e miele, il tutto equilibrato da aromi finissimi di base vagamente affumicati e tostati.
Sà accompagnare in modo spettacolare dei macarons alla vaniglia, e un po’ tutta la pasticceria secca, come crostate e crumble di frutta.

E con questo è tutto, alle prossime bevute…