Vinodivite

L’ARRINGATORE 2007 – GORETTI

imageL’Arringatore è una scultura bronzea risalente al II – I sec a.C. dedicata ad un importante notabile etrusco della zona tra Perugia e Cortona, raffigurante appunto un uomo togato nell’atto di attirare l’attenzione del pubblico durante un’arringa, rinvenuta secondo alcune fonti nell’area del Trasimeno nel 1566, secondo altre fonti a Pila, frazione di Perugia; dà il nome al vino di punta dell’azienda perugina Goretti, un blend di di sangiovese (60%), merlot (30%) e ciliegiolo (10%), vendemmiati ad inizio Settembre, affinato in botti di legno per 12 mesi e 6 mesi in bottiglia.
Mi aspettavo il solito vinone da invecchiamento costruito a tavolino per fare concorrenza ai classici toscani (non a quelli più grandi, ma ai parenti più piccoli), invece ha il suo carattere ed una sua personalità soprattutto in bocca dove regala il meglio di sé, esprimendo aromi inaspettati di oli essenziali di scorza d’agrumi oltre ai classici frutti rossi e sentori vaniglioso-balsamici a tratti rotondeggianti a tratti più cupi e spessi, comunque leggiadri ed eleganti.
Il colore è un rosso rubino intenso tendente al granato dalle belle sfumature violacee, bellissima fluidità nel bicchiere dove lascia solchi alcolici evidenti, grazie ai suoi 14 gradi.
Al naso sentori di cuoio e liquirizia attaccano le mucose con prepotente vivacità e profondità, poi pian piano si scopre una profumatissima marasca sotto spirito circondata da note speziate saettanti di chiodi di garofano e cannella, insieme a sentori più terrosi di sottobosco, erbe aromatiche e balsamiche bacche di ginepro e di oli essenziali di scorza di mandarino.
La vaniglia e il cacao rimangono nel sottofondo olfattivo donando una bella veste a tutto il complesso.
In bocca è regale; la prima sensazione è una innata dolcezza del sapore del melograno maturo, ma finisce lì per fare spazio a succosi frutti rossi maturi gradevolmente acidi e polposi. La trama tannica è ricca, potente, di buona struttura verticale, vive in equilibrio con delle rotondità introverse da ricercare in profondità; il sorso si evolve sempre più verso vivaci aromi speziati dove la cannella appare e scompare ora per fare posto al cacao amaro, ora alla scorza d’arancia, ora al chiodo di garofano. Il finale non è lunghissimo ma sa essere intenso, minerale e cioccolatoso.
L’impressione che si ha assaggiandolo, è quella di essere in presenza di un vino costruito a regola d’arte in laboratorio, ma la ricerca ossessiva della perfezione standardizzata a volte regala belle sorprese, intese non tanto come difetti ma come peculiarità dell’essenza dell’uva che chiede spazio tra tutto quello che c’è nel marasma dell’industria vino.
Insomma un vino che può apparire semplice, morbido e raffinato, ma nasconde nella sua anima tutte le note varietali che il sangiovese “artigianale” possiede, ruvida tanninicità e profonde sensazioni viscerali ematico-terrose, che lo rendono più grezzo e forse più interessante.