Vinodivite

GUTTURNIO 2007 – LA STOPPA

Rosso Colli Piacentini frizzante.
imageNon ho mai assaggiato finora i vini di cantina La Stoppa, azienda della Val Trebbiola in provincia di Piacenza, fondata nel 1973 quando la famiglia Pantaleoni acquistò la tenuta di 58 ettari di cui 30 coltivati a vigneto secondo i criteri dell’agricoltura biologica; oggi l’azienda é guidata da Elena Pantaleoni e Giulio Armani titolare della cantina Denavolo.
La filosofia produttiva si fonda su un approccio il più possibile naturale sia in vigna che in cantina, con attenti e minimi interventi umani, con l’obiettivo di creare grazie anche alle basse rese vini autentici, territoriali, non omologati e poco convenzionali alla produzione “industriale” di massa.
I vitigni coltivati sono sia del territorio come la Malvasia di Candia Aromatica, la Barbera e la Bonarda, e varietá francesi quali Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Semillon, piantati nella tenuta più di cento anni fá dall’allora proprietario l’avvocato Ageno.
Oggi la cantina é una delle più floride realtá italiane nel panorama dei vini cosiddetti naturali.

Il gutturnio del 2007 é stata una scommessa (vinta) acquistarlo a distanza di 7 anni dalla vendemmia, ma l’adesivo “triple A” sul collo della bottiglia mi attrae sempre troppo e 3,50 € sono stati un buon viatico per l’acquisto (non faccio il nome dell’enoteca dove l’ho preso, dico solo che si trova a Camucia in provincia di Arezzo); tanti i 7 anni per un vino rosso vivace e poco frizzante, un blend di barbera 60 % e bonarda 40 %, e per di più con solfiti pari a 0, chissá se si sará conservato bene? del resto se in enoteca l’hanno messo al 40 % di sconto un motivo ci sará? bho, semmai saranno solo 3,50 € buttati, macché…

Appena versato si nota la lieve effervescenza e il fine perlage poco consistente e persistente; ha colori rubini belli accesi, a tratti quasi trasparenti e accenni purpurei all’unghia, e tendenze più cupe e profonde semi granate nel corpo centrale;

Naso prima vinoso, riccamente alcolico, poi si sentono note sottili di lievito, insieme a sensazioni selvatiche, animali, con cenni minimi alla pelle di salame.
Appare terroso, parecchio ferroso, metallico, con qualche tocco di vernice e sangue; si percepisce un’intensa e vivida aciditá, un dinamismo di fermenti e vita che fuoriesce dal bicchiere e si evolve minuto dopo minuto come una creatura che si libera dalle catene di un antico incantesimo, e respira un’aria nuova, e traspira spirito, essenze fruttate, uva passa, ciliegie mature, frutti rossi sotto spirito, lamponi, mirtilli, corbezzoli, more, coi loro sentori selvatici, boschivi e richiami di humus, funghi, macerazione, profumi vivamente intensi e persistenti.
Al gusto ci accoglie una vitale acidità, insieme ad una frizzantezza evanescente e finissima, residui di lievito, crosta di pane con marmellata di ciliegie senza zucchero; ci appare corposo, ricco, vagamente tannico, gli anni hanno scolpito una struttura legnosa, nervosa e nodosa, di grande dinamismo e fermezza al contempo.
La base lievitosa acida balla sulle papille, regala minima freschezza, poi la massa si appesantisce sotto il peso (degli anni) di polpa di frutta scurissima, matura, intensamente tannica, materica, emerge una marasca lunghissima, amabile, l’antiossidante del mirtillo, e piacevoli sentori amaricanti di buccia dura e spessa.
L’equilibrio tra le due componenti si sposta sul finale del sorso verso la parte più pesante, ma la frutta riesce a mantenere una minima freschezza che insieme ad una bella sapiditá di base e alle fini bollicine rieleva il complesso e riesce a sgrassare il palato.
Quello che colpisce di più é la sensazione di trovarsi di fronte un vinone bello ricco, carico, invecchiato, affinato bene dagli anni, che porta con sé una giovinezza interiore indelebile e quel frizzore simbolo inevitabile di gioventù ormai “bruciata” dal tempo.
Straordinario quel soffio incessante di vita che emana a lungo (grande persistenza fruttata, speziata, peposa), e quel respiro giovane e fresco che ci da sollievo e ci fa ben sperare.