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SAUVIGNON “DORY” 2012 – LA PICCOLA CANTINA DEI ROSSI

imageCome dice il nome quella dei Rossi é una piccola azienda di 10 ettari di terreni di proprietà di cui 5 di vigneti e 1 di oliveti, posti per lo più sulla collinetta sottostante il piccolo borgo di Castello delle Forme sulle colline del comune di Marsciano, nel territorio dei Colli Perugini DOC.
L’azienda é totalmente a conduzione biologica secondo le norme di certificazione AIAB;
nel vigneto sono esclusi pesticidi ed erbicidi, le uve sono raccolte manualmente; in cantina si seguono le tradizionali tecniche di vinificazione contadine, con fermentazioni naturali senza aggiunta di lieviti selezionati, senza filtraggi ne pastorizzazioni.
Insomma é una di quelle cantine che piacciono a me, garanzia di genuinità e naturalità, senza chimica aggiunta, dove il vino viene ancora considerato un alimento e come tale và preservato da ogni sofisticazione estranea alla materia prima.
Il Sauvignon che ho bevuto ieri a cena, insieme ad una splendida orata sotto sale, non é il classico sauvignon moderno, piacione, tutto “pesca e casa”, convenzionale agli schemi del mercato vinicolo attuale, é un sauvignon che rompe le righe ed esce fuori dai canoni attuali; é un vino puro, primitivo, un richiamo alla terra e ai sassi, al legno delle viti, ai fil di ferro che le sostengono; é un inno alla natura, alla mano dell’uomo, alle notti in cantina.

imageIl colore é un giallo paglierino essenziale, a tratti vagamente torbido (non troppo) data la non filtrazione, con sfumature verdoline e finissime bollicine che salgono dal fondo.

Al naso è intenso, fresco, minerale; straordinarie sono le note sensoriali che sanno di cantina e vecchi tini di legno, di uva in fermento e primitivi profumi vegetali e animali, terrose e ferrose, di erba di campo tagliata, salvia e foglia di pomodoro.
Annusandolo si viene travolti da intensi profumi agrumati di mandarino e pompelmo, tropicali di ananas e mango, poi pesca, albicocca e uva spina; nel mezzo qua e là folate di pietra focaia, minerali e zolfo, per chiudere con sottobosco e tartufo bianco.

In bocca appena stappato è lievemente frizzante, cosa che dà vivacità e movimento all’assaggio altrimenti forse un po’ troppo alcolico e teso.
L’impatto iniziale è lievemente dolciastro, zuccherino fruttato; poi scema, muovendosi lungo percorsi vivamente minerali e salini, verso finali con sfumature e tendenze amaricanti, di mallo di mandorla e noce fresca, albicocca e pesca noce.
Bella la presenza tannica, morbida ma anche ruvidezza selvatica, ferrosa, richiama la tannicità del carciofo e la sua salutare amarezza di base.
Non manca una fine speziatura di coriandolo e sentori pepati.

Un sauvignon raro e speciale, ma che sá essere sincero e genuino compagno nei pasti quotidiani; riesce a regalare quel tocco magico con pietanze di pesce e cibi mediamente speziati della cucina asiatica ed indiana.