Oggi siamo alla terza generazione della famiglia Dal Cero, decisa a puntare tramite investimenti importanti in cantina sul Lugana, per mantenere una vera leadership nell’ambito della omonima Doc locale, e con l’acquisto di alcuni vigneti in territorio Valpolicella per iniziare a produrre il famoso Amarone.
La prerogativa principale aziendale è produrre bianchi che abbiano il tempo dalla loro parte come alleato per migliorare e affinare, secondo lo stile francese, usando però vitigni autoctoni locali.
L’annata in esame è la 2011, aperto dopo nemmeno 3 anni dall’imbottigliamento è senz’altro troppo giovane per apprezzare a pieno quell’affinamento di aromi e sapori che la permanenza in bottiglia esalta, tuttavia appare già elegante e raffinato nei profumi, e dotato di acidità non invadente che regala buona freschezza e al contempo una rotondità dolcina, che ai più farebbe storcere il naso, che può essere vista come elemento di contrasto, ma che in realtà si integra molto bene nell’interezza del sorso.
Innanzitutto per non ripetere il mio errore, consiglio di stapparlo almeno 2-3 ore prima di assaporarlo, per arrotondare degli spigoli legnosi e asprigni presenti data la maturazione in barrique per quasi un anno.
Il colore nel bicchiere è di un bellissimo giallo intenso tendente al dorato, con rilfessi intensamente luminosi e nuances verdoline e punte quasi ramate.
Al naso è incomprensibile, varia nel tempo successivo alla stappatura; inizialmente è fermo, poco profumato, si percepisce giusto una punta di agrume; poi si eleva all’olfatto, regalando note che spaziano dalla frutta gialla matura (pesca), agli agrumi, fino a toccare i petali di certi fiori che mi ricordano la rosa, rimanendo sempre molto sapido, minerale, con una bella base vanigliata e speziata con tocchi agrumati di zenzero, oltre a finali di miele e note che ricordano la crema pasticcera al limone.
Al palato parte subito bello acido e fresco, col passar dei secondi diventa caldo, avvolgente, cremoso, burroso; ammorbidisce bene la bocca grazie al legno ben dosato, la vaniglia aromatizza bene il sorso, stabilendo un fondo aromatico che permea l’assaggio.
La frutta sembra sparire dentro questa cremosità, ma in realtà è bella viva nei suoi aromi di mela renetta, frutta gialla, tropicale, agrumi, dove l’ananas e il mandarino prevalgono e permangono fino alla fine.
Il finale è piacevolmente sapido, agrumato e vanigliato, non molto persistente, ma delicato ed elegante.
Un vino che si fa bere da solo per una pausa di riflessione inconsueta, ma che raggiunge la sua massima espressione con cibi belli saporiti, come carni bianche, pesci succulenti al forno o alla griglia, ma anche con formaggi stagionati, primi importanti, perfetto con uno spaghetto alla bottarga o una carbonara.