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METODO INTERROTTO BRUT NATURE – MATTEO FURLANI

Come avrete capito dalle mie ultime narrazioni, mi stò avvicinando al mondo sempre più affascinante e variopinto dei vini naturali; molto spesso i produttori naturali, tranne pochi, non scrivono sulle loro etichette la tipologia di vino che il consumatore si trova sotto mano, quindi se non conosci i nomi di certe cantine o IMG_3607dei vignaioli, o il nome stesso del vino, risulta difficile capire se si ha a che fare con un nature o con il classico vino convenzionale.
Nel caso del vino che vado a raccontarvi il produttore Matteo Furlani non poteva essere più chiaro, scrivendo “Furlani Naturale” Metodo Interrotto Brut Nature, senza aggiunta di solforosa.
Matteo Furlani fa parte di quella cerchia ristretta di produttori che oltre all’approccio biologico-biodinamico nella produzione viticola, seguono in particolare delle metodiche naturali-tradizionali durante la produzione vinicola in cantina.
L’azienda si trova a due passi da Trento, nel comune di Vigolo Vattaro, possiede 6 ettari dedicati al vigneto e 4 di frutteti tipici della zona. I vigneti sono coltivati da 7 anni senza l’uso di pesticidi, diserbanti, e concimi chimici, inoltre da 2 anni si seguono le tecniche biodinamiche; le qualità viticole coltivate sono sia autoctoni, sia internazionali, come vernaccia, lagarino bianco, muller thurgau, pinot nero, chardonnay, lagrein, marzemino, negrara, lagarino rosso e rosara.
In cantina si seguono i criteri di vinificazione tradizionale, senza l’uso di lieviti selezionati, senza solforosa aggiunta, senza controllo della temperatura durante le fermantazioni, non si eseguono filtrazioni, si seguono solo i cicli lunari per i travasi e l’imbottigliamento.

Il vino che andrò a presentarvi è un metodo classico, 20 % pinot nero 80 % chardonnay, il tiraggio  dura 2 anni, al termine dei quali non avviene la sboccatura, non si aggiunge nè solforosa, nè liqueur d’expedition, dosaggio zero.

Appena versato, si presenta di colore paglierino opalescente, color latte, aspetto dato dai lieviti in sospensione; appare finemente frizzante date le bollicine che salgono ininterrottamente dal fondo del bicchiere.
Al naso si percepiscono subito i sentori di agrumi, di lievito, di crosta di pane, note di fermentazioni lattica, come di yogurt, di formaggi erborinati, pian piano arrivano anche profumi nascosti di fiori di campo, camomilla, e ricordi di cedro.
In bocca risulta subito secco, a tratti aspro e pungente, ma anche fresco, sapido, molto minerale; la sensazione citrica si dissolve pian piano e compaiono delle note dolciastre insospettabili, di frutta matura, probabilmente donate dai lieviti sbarazzini che girano nel bicchiere (c’è da dire che sono stato attento a non farli salire più di tanto dal fondo).
Il finale è un misto tra il dolce e l’amaro, come gustare un pompelmo, né troppo asciutto, né troppo zuccherino, lungo quanto basta per attendere il sorso successivo, per ripetere l’esperienza duplice della pungenza tipica del lime e della dolcezza tipica di una pesca.
Questo metodo classico interrotto come altri “non sboccati” risulta essere un vino che si odia o si ama, non si discosta per profumi e sapori da altri della stessa categoria, ma a differenza di altri colpisce per la freschezza e la mineralità innate.